mercoledì 30 marzo 2011

Nel Paese di Chanel

"NEL PAESE DI CHANEL"

Dopo il film di Tim Burton uscito a marzo, Alice nel paese delle meraviglie è stata la protagonista indiscussa di molte collezioni di moda. Chiude il cerchio Chanel che riproduce il meraviglioso mondo creato da Lewis Carroll in occasione della riapertura della sua mitica Boutique di Milano a Palazzo Morando. In un chiostro del XVIII secolo si nascondono i celebri simboli della maison (leone, quadrifoglio, doppia C, numero 5 e il flacone del profumo) all'interno di scenografie favolose e suggestive.





lunedì 28 marzo 2011

Dita Von Teese

"DITA VON TEESE"

È nota in tutto il mondo per essere la regina del burlesque.
Nell'intervista rilasciata a un'altra icona di stile, la designer/sessuologa
Betony Vernon, in esclusiva per Vogue.it, ha spiegato di voler "rimanere fedele alla storia del burlesque americano, così come era negli anni '30 e '40", ma di volerlo rendere moderno, grazie a "diverse tecnologie, e costumi, scenografie e musica". "Molte persone", aggiunge, "stanno fraintendendo l'essenza del burlesque e tentano di privarlo del momento dello spogliarello, dell'elemento osé, per trasformarlo in una moda". Di conseguenza, è importante a suscitare il desiderio di conoscere il passato di questa forma di spettacolo.
Il suo stile è impeccabile: raffinato e femminile.
Innegabile l'importanza che ricopre per lei la moda: "La moda, il modo in cui scegliamo di vestirci (il nostro 'travestimento',
make-up, capelli, abbigliamento), il modo in cui ci trasformiamo, è ciò che ci fa sentire sicuri di noi stessi".
Dita è una self-made woman: produttrice e coreografa dei propri spettacoli, non ha uno stylist e si trucca sempre da sola. E' stata la prima guest star ad esibirsi al celeberrimo Crazy Horse di Parigi, ma è riduttivo definirla una performer: volto di
Perrier, Agent Provocateur e di Cointreau, modella per Moschino e Jean-Paul Gaultier, designer di lingerie per Wonderbra, autrice di un libro sulla storia del burlesque e sulla seduzione (Burlesque and the Art of the Teese) e ambasciatrice di MAC Viva Glam.
La sua eleganza è leggendaria, così come la capacità di rendere naturale anche la mise più elaborata. I suoi abiti di scena - sexy, complessi, spesso decorati da migliaia di cristalli
Swarovski, da piume e ricami - sono disegnati dall'amica Catherine D'Lish, oppure da designer come Jean-Paul Gaultier ed Elie Saab. Nelle occasioni mondane indossa abiti da gran sera in satin o impreziositi da inserti in pizzo, spesso dallo stile retro. Simbolo della sua femminilità è il classico tailleur Dior, con gonna sotto il ginocchio e giacca aderente.
Quando è a casa, non si trucca, raccoglie i capelli in uno chignon e indossa una sottoveste o un capo di loungewear, scelto all'interno della sua notevole collezione vintage. Nella vita di tutti i giorni, è sempre curata, anche quando porta semplici abiti stampati o pantaloni ampi, come quelli sfoggiati nell'aprile 2010 al Coachella Music Festival.
Non possiede
jeans o indumenti in felpa: li indossa solo la notte di Halloween, quando si traveste da "ragazza normale".
Il 90% della sua collezione di scarpe comprende creazioni di
Christian Louboutin, che realizza appositamente per lei straordinarie calzature di scena. Nella vita di tutti i giorni, invece, porta comodi sandali platform, scarpe in tela Keds o stringate piatte. E' una fan delle ballerine in plastica Melissa, specialmente del modello Ultragirl Bow, disegnato da Vivienne Westwood.
Nelle occasioni importanti opta per pochette in satin di Christian Louboutin o per borsine come la Lady Dior, mentre in momenti informali sceglie borse più grandi e comode, come la Miss Sicily di Dolce & Gabbana o la Garbo Camille di Marc Jacobs.
Capelli nerissimi, acconciati in morbide onde o in perfetti chignon.
La decisione di abbandonare il suo biondo naturale arriva nel 1990, ispirata dall'attrice Sherilyn Fenn sulla copertina di Playboy; da allora se li tinge da sola, utilizzando il colore Blue Black di
Garnier 100% Color.
Porta gioielli Art Deco o pezzi originali degli anni '40 e '50 (soprattutto collane e bracciali), ma non disdegna le creazioni di Boucheron, Chopard, Cartier e Mont Blanc.
Il diamante da sette carati che impreziosiva l'anello di fidanzamento regalatole dall'ex-marito Marilyn Manson, fa ora parte di un anello realizzato per lei da Christian Dior Joaillerie.

Rompere le regole ed essere coraggiosi nelle proprie scelte è fondamentale: "Bisognerebbe sempre fare quello che ci fa sentire bene, non quello che qualcuno pensa sia giusto per noi". Ed aggiunge: "Sono molto soddisfatta quando indosso un vestito che ho pagato 100 dollari, o 50, o addirittura di meno, e la gente mi chiede di che marca è", a dimostrazione di come non sia importante "avere montagne di soldi per essere affascinanti".
"Amo le donne che sono coraggiose ed impavide, che si vestono in modo molto caratteristico, inusuale, eccentrico", come la Marchesa Luisa Casati, Isabella Blow, Anna Piaggi e Chantal Thomass.
I suoi Stilisti preferiti Jean-Paul Gaultier ("Lui è uno dei motivi per cui ho iniziato a vestirmi con capi vintage, perché amavo quei reggiseni conici e la lingerie portata a vista"), Elie Saab ("E' affascinante, ha fatto alcuni dei miei costumi da scena"), Christian Dior.









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Nel segno di Zorro

"NEL SEGNO DI ZORRO"

Dalla sua creazione, ad opera di Johnston McCulley e dal suo debutto nel 1919 sulla rivista pulp All-Story Weekly, nelle pagine pubblicate a puntate del romanzo The Curse of Capistrano, Zorro ha conosciuto un crescente successo nei fumetti, in tv e al cinema. E anche parecchie avventure e varianti: a partire dalla prima pellicola muta, Il segno di Zorro di Fred Niblo (1920) fino al film La maschera di Zorro (1988) e al suo sequel, La leggenda di Zorro (2005), entrambi diretti da Martin Campbell, con Antonio Banderas e Catherine Zeta-Jones
Anche la moda s’ispira all’eroe mascherato, vedi per esempio l’outfit, con bustier in pelle nera, di Hermès. Tra i pezzi cari a Don Diego Vega (o Diego de la Vega) nei momenti in cui non indossa il tipico costume: la camicia bianca (vedi Tyrone Power ne Il segno di Zorro di Rouben Mamoulian, del 1940), per esempio, di Blumarine. Quando è in azione il famoso spadaccino della California spagnola del 1800, di solito la preferisce scura: vedi la blusa, in chiffon, di Valentino o la versione di Elisabetta Franchi. D’effetto: il body in pelle dark di Bottega Veneta. Al posto del classico mantello nero: il coat di Liviana Conti o la giacca di High.
Tra gli accessori che fanno la differenza nel creare il personaggio: il cappello nero, in feltro, per esempio, di Borsalino. Variante per cambiare radicalmente: il modello bianco, in paglia, di Moschino. Ai piedi: gli stivali da cavallerizza, color cuoio, di Céline. Per chi predilige la moto al posto del cavallo: i boots da biker di Chanel. Fondamentale: una cintura alta, per esempio, di Just Cavalli, Emilio Pucci o
Stella McCartney. Al collo: la croce d’argento di Giovanni Raspini.




 

Pellerossa

"PELLEROSSA"

Agnelli di Mongolia, linci e zibellino…tutti i tipi di pelliccia e ogni forma di maglia o montone. E ancora, stivali cowboy, mocassini indiani, tracolle e bisacce, scialli di piume: il casual americano delle radici, in polverosi monocromo dal grigio ferro al beige, pronto per la città.
Arrivano fiere sciamane che oltrepassano la moda: tornando recuperando le origini, uno stile senza epoca, attraversano tempi e culture per tornare a noi, come quelle guerriere selvagge fotografate da Meisel nel 2007.
Ha ampiezza atemporale, semplicità elementare e massima determinazione, la coperta-mantella con cui Band of Outsiders interpreta il neo pellerossa. The Row non è da meno, anzi fa di più: per la mantella usa una pelliccia, che taglia a maxi frange, più western del solito.
Molto più complicato, da odierno globale, l’insieme di Rag & Bone: il quilt con frange fatto a longuette, mentalmente immerso in terre rosse, si abbina al chiodo di pelle: bianco gesso. Oppure, il mix è come vuole Roksanda Lincic: dal velluto rosso dei pantaloni, e dal grigio del maxi gilet, è il mobile bluette delle piume che ondeggiano a centro scena, ad attirare l’attenzione.
Tory Burch unisce tre classici: tailleur scozzese, cappuccio e poi manicotto in pelo, in un patchwork d’inserti, come del resto fa Christian Cota, quando “ferisce” il suo tailleur longuette con i magici riflessi del tessuto cangiante che definisce l’insieme. E ci sono i giochi, grafici e non solo, vedi Rodarte, con cui si re-interpreta un mondo di geometrie primordiali, dai segnali quasi optical, e forse esoterici.
Infine, i monocromo. Basi metropolitane con dettagli sciamanici, come quel corsetto di Elie Tahari, una couture in pelliccia.ossa.piume, in tinta ghiaccio come lei.
Cult anni ’60
Il sandalo “Idolo” in crosta beige e rafia, che sale sulla gamba con una maschera primordiale il cui volto si posiziona quasi al ginocchio: un’esotica primavera 1967, di creazione Roger Vivier. Negli stessi anni, a Parigi, dal Salon Carita uscivano i tagli “bandeau”: cortissimi e accompagnati da nastro in velluto intorno alla fronte, in sioux style.




sabato 26 marzo 2011

Paco Peregrin

"PACO PEREGRIN"

Fotografo









Il genio creativo

"IL GENIO CREATIVO"

Yohji Yamamoto, genio creativo che ha cambiato l'estetica della moda.
Fin dagli esordi ha avuto il potere di trasformare la moda.
Yohji Yamamoto, nel mondo della moda, è fra i pochissimi che mette d’accordo veramente tutti: è facile sentire il suo lavoro vicino a quell’innovazione che non prescinde mai dall’Invenzione, a quello spirito che sa andare anche oltre la Creatività. Cercare di capire l’essenza di Yamamoto è come cercare di capire qual è il suono della mano sola ricercato da un noto indovinello zen, un enigma insolubile razionalmente che spiega come la mano stessa sia il suono, in quanto esiste prima di quest’ultimo e ci sarà anche dopo, oltre che durante. Yohji Yamamoto è un apripista del pensiero senza pari, e non si cura granché dei percorsi commerciali per sviluppare quello che vede molto, molto prima degli altri. I suoi tempi di “incubazione”, diciamo così, a volte sono lunghi, e possono essere inizialmente oscuri anche per chi lo conosce bene. Nelle sue creazioni, Yamamoto rivoluziona il rapporto tra capo e persona, rendendo incorporeo il corpo di quest’ultima. L’uomo e la donna diventano una semplice struttura al servizio del loro animo più profondo:
la loro specificità di esseri umani, il loro stile di vita, più che i loro corpi, vengono proiettati sull’abito. Le geometrie, i tagli delle linee di vestibilità per i quali Yamamoto è famoso sarebbero puro esercizio accademico, se dietro non ci fosse questa intenzione/invenzione continua a farne creature altre. Quella dello stilista giapponese è una dimensione a tutto tondo, non una interpretazione del reale o una semplice de/ricostruzione degli elementi per dare di questi nuove letture. Pensate al suo utilizzo del nero, alle sue sovrapposizioni di strati e raddoppi di capi, alla ripresa di altri contesti (vedi i giubbotti da motociclista dell’ultima collezione presentata) nella loro interezza, non tanto per fare una citazione o una provocazione. Anche certi particolari minimi (ci hanno colpito certe losanghe in un cardigan, che sembravano messe lì sottovoce) al tatto come alla vista sembrano punti di passaggio verso una dimensione altra, ma una volta indossati sono la dimensione stessa.“I’m a cutter, not a couturier”, ha detto una volta Yamamoto, e questa frase è forse il modo più semplice per definire il suo modo di trattare tessuti e forme acuto, vivo, ricco d’ironia. Un tagliatore, sì, ma nel modo in cui uno scrittore vuole essere diretto e non lasciare dubbi: pochissimi aggettivi, vocaboli scelti con cura estrema. Yohji Yamamoto ci mostra in modo chiaro che la creatività è una: basta essere in grado di sentire il suono di una mano sola e meravigliarsene ogni volta, sempre. Yohji Yamamoto, grande esperto di arti marziali e noto per non parlare quasi mai, nasce a Tokyo nel 1943. Nonostante le ristrettezze e le difficoltà del dopoguerra, riesce a frequentare con profitto l’Università di Keio e il prestigioso Bunka College.
Nel 1972 presenta la sua prima collezione a Tokyo, ma ben presto inizierà a girare il mondo, ritenendo limitato e limitante l’ambiente giapponese.
La prima collezione presentata a Parigi, nel 1981, passa alla storia: il mondo del fashion design non sarà più lo stesso di prima.
Oggi Yohji Yamamoto produce le collezioni Yohji Yamamoto, Y’s, Y’s for men, Yohji Yamamoto + Noir, ed è partner di Adidas nella linea Y-3, una serie di collezioni sportswear che sta rivoluzionando il settore sotto l’aspetto creativo e commerciale.








giovedì 24 marzo 2011

" Street style in the world"

" STREET STYLE IN THE WORLD"
Letteralmente vuol dire "stile di strada" e si tratta di uno strumento abbastanza recente di fare moda, basato sull'ispirazione che viene dalla gente comune.
Da l'opportunità di conoscere lo stile di ogni angolo del mondo, permettendo a chiunque , stilisti compresi, di trovare idee di moda  suggerita da gente "normalissima" fotografata per le strade del mondo: New York, Parigi, Milano, Singapore, Tokio, Londra, Berlino, Oslo, Stoccolma e tante altre città.